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domenica 14 settembre 2025

Dittico marino - poesia

Lo so: ogni tanto ricevo messaggi di persone che inciampano in questo blog, o di qualcuno che mi seguiva e che mi chiede che fine abbia fatto questo blog.

È passato molto tempo dall’ultima volta che ho pubblicato: non scrivo più canzoni da anni, e il sito è rimasto un po’ abbandonato, tanto che ormai appare raramente nei risultati dei motori di ricerca.

Quando ho aperto questo spazio avevo meno di vent’anni. Internet era una prateria selvaggia, senza SEO, senza social e senza algoritmi. Bastavano un po’ di fortuna e di sfrontatezza – qualità che a me non sono mai comunque appartenute – per farsi notare.

Poi, come succede, la vita è andata avanti. Oggi mi occupo di tutt’altro: lavoro nel campo dell’informatica, in un ufficio dove la creatività serve poco. Ma chi è creativo sa che non si smette mai davvero di creare. Così, di tanto in tanto, continuo a scrivere testi che restano nel cassetto.

La mia passione per la traduzione musicale

Per anni questo blog ha raccontato il mio interesse per la traduzione e adattamento di testi musicali – una disciplina che ho scoperto chiamarsi transcreazione. È una delle branche più complesse della traduzione, perché bisogna rispettare senso, ritmo, suono e metrica. Ogni testo mi costava tempo, fatica e notti insonni: tra perfezionismo e sindrome dell’impostore, ogni parola era una piccola battaglia.

Oggi, però, ho deciso di allargare lo spazio del blog e di condividerci anche qualcosa di inedito e personale.

Da cosa nasce questa poesia

Qualche mese fa, il direttore del coro con cui ho cantato per dieci anni mi propose di scrivere una canzone estiva dal tono malinconico, da affiancare a classici come E la chiamano estate o La garota de Ipanema. Io non sono esperto di “canzonette”, quindi ho iniziato con un sonetto, che poi ho riarrangiuato per sembrare una canzone (Non so bene se ne abbiano poi fatto qualcosa o no, non ne ho saputo nulla).
Poi, come spesso accade, la scrittura ha preso il sopravvento: ho sentito il bisogno di continuare e ho composto una seconda parte, più sperimentale, ossessiva, ricca di allitterazioni e giochi metrici, tra classico e moderno.
In seguito ho avuto di l'idea di aggiungere le didascalie con i tempi musicali come se fosse una sinfonia a due movimenti.
.

Il risultato è un dittico poetico, che oggi pubblico qui. Forse non è in linea con la sensibilità contemporanea – ai concorsi non ha avuto fortuna – ma per me resta comunque un testo vivo e autentico.

Dittico Marino

I. "L'ultima onda"

Andante elegiaco

Nel dorato crepuscolo d'estate
cammino sulla spiaggia a passo lento.
Tra dune solitarie cesellate
dal soffio infaticabile del vento,
l'eco mi giunge dolce di risate
ora sopite dentro al cuore spento,
di promesse sul lido sussurrate
e carezze sfumate in un momento.

Così vagando, con lo sguardo assorto
mentre rincorro dei ricordi il filo,
raggiungo là dove si spegne il mare.

E nel tramonto d'un Settembre smorto,
l'ultima onda traccia il tuo profilo
e lo dissolve tra le spume amare...

II. "Sale amaro"

Allegro furioso

...e tra le spume, col vento che geme,
sfugge il tuo volto in un’ombra fugace.
L’onda s’inarca, rimbomba, poi freme,
poi si ritira, gorgoglia, poi tace.

Sorge la luna, le grido il tuo nome,
ma ecco che il mare lo strappa e lo sbrana;
resta un sospiro fuggevole come
l’eco sommessa d’un’ode lontana.

Sapore salmastro stride sui denti:
ricordo dei baci scabri di rena.
Saperci lontani accresce i tormenti,
Pensarci vicini aggrava la pena.

L’anima rugge, il mare s’arrabbia,
cresce col vento la furia congiunta;
come un gabbiano che rantola in gabbia
stride, si storce, strattona e s'impunta.

Esausta poi l'ira si muta in sgomento,
si sbriciola in schegge, all'aria si perde,
ne inghiotte la notte il triste lamento;
il vento si posa, placa, disperde.

L'eco svanisce, si spegne stremata,
e il mare sussurra sillabe mute.
Resta soltanto la luna gelata
spia di parole per sempre perdute.

Resta dell'acqua una scia sulla terra,
sparsa di ciottoli dal maestrale;
svanito ogni grido, placa ogni guerra,
resta un ricordo più amaro del sale.